mercoledì 23 marzo 2016

PARLIAMO DI E-DEMOCRACY


PARLIAMO DI E-DEMOCRACY

Parole del secolo scorso sembrano quanto mai attuali, scriveva così Adriano Olivetti nel suo saggio del 1949 intitolato Democrazia senza partiti: “All’alba di un mondo che speravamo nuovo, in un tempo difficile e duro, molte illusioni sono cadute, molte occasioni sfuggite perché i nostri legislatori hanno guardato al passato e hanno mancato di coerenza o di coraggio. L’Italia procede ancora nel compromesso, nei vecchi sistemi del trasformismo politico, del potere burocratico, delle grandi promesse, dei grandi piani e delle modeste realizzazioni.
Riconosciamo francamente una mancanza di idee, una carenza di uomini, una crisi di partiti.”.
Continua Olivetti: ”Nel primo dopoguerra, aveva allora 18 anni, Piero Gobetti così descriveva la stessa gravissima situazione: «Gli schemi in cui si svolge la vita politica nostra (i partiti) non consentono agli uomini sufficiente vitalità. Gli uomini cercano, nella vita pratica, realtà ideali concrete che comprendano i loro bisogni e le loro esigenze. Oggi i partiti si sono limitati a formule vaste e imprecise, da cui nulla si può logicamente e chiaramente dedurre. [...] Nella vita attuale dei partiti di concreto c’è solo un circolo pernicioso per cui gli uomini rovinano i partiti, e i partiti non aiutano il progresso degli uomini. [...] Le idee, insomma, in cui le forze si inquadrano, i partiti, sono rimasti addietro di un secolo. E gli uomini ci stanno a disagio. La storia va innanzi: gli uomini con essa. Gli schemi non possono restare gli stessi. Se non si liquidano, se rimangono, vanno soggetti nella pratica realtà alla deformazione che su di essi operano i singoli, favoriscono la disorganizzazione, la confusione, essi che per organizzare e sistemare erano sorti»”.
Facebook non basta più, o forse non è mai bastato (tranne le dovute ed eclatanti eccezioni), ma come tutti gli strumenti che dischiudono una strada nuova, è un elemento ormai imprescindibile per la maggioranza dei cittadini virtuali abitatori del web.
Ritengo che molti utenti animatori di Facebook si siano resi conto dei limiti del social network per antonomasia e siano altresì frustrati e stufi di riversare fiumi di parole su bacheche sterminate, senza tuttavia vedere la propria voce aggregarsi in una proposta condivisa che abbia la forza di travalicare il mondo della realtà virtuale per produrre un risultato socialmente rilevante, proprio laddove ci siano delle resistenze al cambiamento.
Le alternative sorte negli ultimi anni, che mirano ad innovare i meccanismi di sublimazione della conoscenza a partire dalla cosiddetta intelligenza collettiva, sono molti: progetti assimilabili (a vari livelli di attinenza, diffusione e sviluppo) al calderone della E-partecipation o in altri termini al concetto di piattaforma per la costruzione collaborativa di proposte di soluzione ai problemi più disparati, sono per esempio Liquid Feedback (Germania), Nation Builder (Usa), Ocopomo (consorzio EU), Senador Virtual (Cile), Loomio (Nuova Zelanda), Parlamento elettronico, Open Dcn, Vilfredo, ARS E-democracy, Airesis (questi ultimi nati in Italia), ADI! (parlamento vasco), E-democracia (Brasile), Adhocracy (Germania), Bungeni (continente africano), Your Priorities (Islanda), Ideascale (USA), ed altri ancora.
l’implementazione dell’algoritmo di Shulze nel contesto delle votazione a soluzioni multipla, un sistema utilizzato anche da Liquid Feedback, che consente attraverso le preferenze di determinare la soluzione maggiormente gradita (o meno sgradita) dai votanti, superando i limiti di altri sistemi che pure oggi godono di maggior fama e diffusione.
Quali sono ad oggi le sfide della E-democracy ? Moltissime e ancora aperte.
Citerò un breve elenco non esaustivo, con l’itento di fornire una panoramica propedeutica a stimolare l’indagine e l’approfondimento personali:
* la certificazione delle identità dei partecipanti ed il valore legale delle votazioni online: rappresentano due fattori imprescindibili al fine di determinare un’effettiva integrazione della E-democracy nei processi istituzionali. L’attribuzione di un valore giuridicamente attendibile alle identità presenti sulle varie piattaforme, così come ai voti espressi dagli utenti medesimi, dovrà con ogni probabilità passare per l’adozione di tecnologie e strumenti già esistenti e riconosciuti dalle normative vigenti, italiane ed internazionali, andando a prevedere l’uso di certificati digitali qualificati e l’intermediazione di Certification Authorities accreditate, che svolgano pertanto la funzione di garanzia e attendibilità sufficienti a che le istituzioni possano permettersi di considerarle, accoglierle ed eventualmente svilupparle e realizzarle. Il principio guida dev’essere: “Giochiamo secondo le regole e da queste ricaviamone forza, credibilità, attendibilità”. Nessuna certificazione degli utenti o delle votazioni realizzata senza conformità agli strumenti ed alle regole previste dalle normative potrà mai andare oltre il mero accordo tra gruppi privati (che quasi certamente potrebbero disconoscere le delibere di altri gruppi con cui sono in competizione...), fatta salva la possibilità di adeguare le normative a strumenti e tecnologie per ora non contemplati.
* la facilitazione implica onestà intellettuale nell’integrare opinioni e contributi divergenti dai propri, sensibilità e capacità di ascolto di chi espone un punto di vista diverso, competenza e cultura specifiche rispetto al tema per il quale ci si è proposti in qualità di redattore, proprietà di linguaggio e di comprensione del testo tali da consentire la redazione di sintesi fedeli al pensiero di tutti i partecipanti, evitando le distorsioni generate da un’arbitraria e deleteria reinterpretazione dei contenuti altrui.
Questo punto rappresenta una criticità potenzialmente enorme in un processo di redazione di una proposta che si possa considerare attendibile ed efficace.
Se tali caratteristiche vengono a mancare, la sintesi della proposta non sarà democraticamente rappresentativa di tutti i punti di vista emersi durante la discussione e, di conseguenza, il raggiungimento di una delibera ne dovrebbe risultare compromesso, anche se ciò non è sempre vero.
Quando invece questi requisiti umani e culturali vengono soddisfatti e confluiscono nel redattore modello o in un gruppo di redattori affiatati, sensibili, rispettosi e competenti, il miracolo dell’intelligenza collettiva e della deliberazione consensuale si manifesta in tutto il suo splendore.
* il coinvolgimento degli stakeholders per il giusto ambito: questo punto implica l’ideazione di un flusso di discussione che garantisca o quantomeno attribuisca un valore ponderato, riferibile al grado di partecipazione di tutti gli stakeholders (soggetti interessati al problema o coinvolti a livello di impatto e quindi di conseguenze da esso derivanti). Entrano qui in gioco fattori piuttosto difficili da gestire come la tutela delle minoranze e la determinazione dell’insieme di cittadini da coinvolgere (il criterio dell’area geografica e dell’iscrizione anagrafica riferita al territorio di competenza giuridico-istituzionale, non è sufficiente, basti pensare alla problematica inerente l’ipotetica realizzazione di un inceneritore con annessa discarica entro il confine territoriale di competenza del comune X, ma con impatto sui comuni limitrofi o potenzialmente su territori ancora più vasti).
* L’attribuzione di un peso matematico differente ai voti espressi dagli aventi diritto (il dilemma “dell’uno vale uno”), sulla base di vari fattori quali la competenza rispetto al tema in esame, il livello d’impatto delle conseguenze sui vari stakeholders, l’area geografica di appartenenza, la presenza o meno di un livello di voto delegato ad altre persone. Anche qui risulta evidente che le sfide filosofiche, prim’ancora che matematiche, sociologiche e giuridiche, non manchino.
* La gestione della competenza e della reputazione degli utenti: tutti non possono parlare di tutto con lo stesso livello di attendibilità, la competenza rispetto a tematiche o branche della conoscenza andrebbe certificata o quantomeno collegialmente attribuita e documentata? La meritocrazia dovrebbe essere un criterio ammissibile (o auspicabile) per l’individuazione degli utenti maggiormente capaci nel redigere la sintesi delle proposte, quelli che si dimostrano capaci di rispettare e rappresentare le voci di tutti ? Come determinare algoritmi il più possibile equi ed al contempo incentivanti secondo i criteri della gamification ? E’ filosoficamente ammissibile un modello deliberativo basato sulla merito-democrazia ?
* L’interfacciamento con le istituzioni: questo è un altro punto focale che porta con sè molte sfide legate per esempio agli Open e Big Data, questioni d’interoperabilità e di sicurezza strettamente informatiche, necessità di adozione di protocolli di drafting normativo (es. akomantoso) per l’interazione con gli organi istituzionali, la necessità di porsi come soggetti superpartes, rispetto alla scena politica di riferimento, e di risultare credibili e in grado di fornire adeguati e garantiti livelli di servizio.
* Il ruolo effettivo della E-democracy nel contesto degli organi istituzionali esistenti: Può davvero la democrazia partecipativa online sostituirsi a Camere e Parlamenti ? E’ auspicabile che lo faccia ? Sarebbe un modello migliore o peggiore dell’esistente ? Può agire con potere consultivo e propositivo ma cosa fare nel caso le sue deliberazioni provenissero da una minoranza dei cittadini aventi diritto di voto in quel contesto ? La E-democracy può agire in affiancamento paritetico o in regime di subalternità rispetto agli organi istituzionali rappresentativi ?
* Il problema della tracciabilità degli esiti delle deliberazioni e delle votazioni online: occorre prevedere degli strumenti che consentano di gestire il project planning e il project management delle proposte, andando a dettagliare chi deve fare cosa, a quale prezzo, entro quali tempi, ecc. creando così uno strumento operativo e d’informazione che coinvolga i cittadini e gli enti privati così come le istituzioni, dialogando su un terreno comune costituito da normali e consolidati criteri di gestione d’impresa ma affini anche alla gestione di una semplice economia domestica.
Occorre anche rendere tracciabili le votazioni effettuate implementando un meccanismo di auditable voting e garantire poi l’autenticità (del votante rispetto al voto), la non alterabilità (dell’azione di voto rispetto alle preferenze espresse) e il non ripudio (la possibilità di disconoscere il voto dopo averlo “firmato” e autenticato). L’operazione di auditing dovrebbe essere accessibile potenzialmente a tutti gli utenti per tutti i voti riferibili ad una sessione di votazione considerata.
* Il problema della gestione dei problemi complessi: se immaginiamo di dover discutere il rinnovamento di un’area pubblica degradata, diciamo per esempio un quartiere, risulta evidente che il problema, per poter essere trattato in modo adeguato, dovrà essere scomposto in sottoproblemi (e relative sottoproposte di soluzione come per es. costruire un parco pubblico, una scuola, un’area giochi per i bambini ed una per i cani, ecc.) mentre poi, una volta approvati alcuni progetti (es. la scuola) ci si dovrebbe addentrare nei dettagli di ciascuna idea emersa con sufficiente consenso (es. come costruire il tetto, gli impianti elettrici e idraulici, gestire la conformità alle normative, arredare i locali, ecc.).
Pertanto si rende necessario ideare degli strumenti che consentano di scomporre i macro problemi in sottoinsiemi, mantenendo i legami tra i vari elementi, consentendone la tracciabilità pre e post delibera, così come la votazione e discussione indipendente ma correlata.
* Il problema del fact checking e dell’attendibilità delle informazioni: sappiamo bene come questo problema coinvolga da sempre tutti gli organi ed i media informativi. Basta citare un articolo dalla parvenza scientifica per condizionare il giudizio degli sprovveduti, si possono spacciare per certezze null’altro che ipotesi, si può insinuare senza indizi e suggerire interpretazioni intellettualmente disoneste, marcatamente di parte o fondate sul pregiudizio, le varianti qui sono molte. Per sgombrare il campo da strumentalizzazioni e deformazioni varie in questo contesto si tratterebbe di implementare quei vecchi, solidi e sani principi propri del metodo galileiano (e quindi di tutta la buona scienza), coadiuvandoli con le best practices proprie del codice deontologico dei giornalisti (attenersi ai fatti, se possibile dimostrarli, citare le fonti e tutelarne l’anonimato se richiesto, ecc.). Anche questo punto presenta diverse sfide, non c’è che dire.
* Il problema dell’autoregolamentazione democratica dei gruppi: questa problematica riguarda la possibilità di creare delle meta-policy o meta-regolamenti che consentano a ciascun gruppo presente sulla piattaforma di online deliberation, di rivedere su base democratica ruoli e autorizzazioni inizialmente decisi dagli amministratori del gruppo stesso all’atto della sua costituzione. Questo processo dalla parvenza avveneristica trova in realtà il suo predecessore filosofico nel gioco di società Nomic e nelle idee di Peter Suber (si veda il libro The Paradox of Self-Amendment) ma in realtà afferisce in qualche maniera alle teorie e paradossi orbitanti attorno ai sistemi autoreferenziali.
* La gestione dei grandi numeri a livello di partecipazione: grandi numeri implicano un volume di contributi da gestire potenzialmente enorme, con un prevedibile livello di overflow per i redattori, che dovrebbero crescere in maniera proporzionale, evitando le edit wars e riuscendo ad aggregare e canalizzare le idee maggiormente condivise all’interno di differenti e alternative proposte di soluzione.
Tutto ciò comporta anche la necessità di sviluppare una tecnologia efficace in grado di evitare la proliferazione di proposte doppie o semanticamente affini, allo scopo di evitare la dispersione dell’intelligenza collettiva in rivoli di discussione ignari l’uno dell’altro.
Infine si rende necessario ideare meccanismi in grado di filtrare sempre meglio il cosiddetto “suono” rispetto al “rumore” della conversazione, al fine di determinare rapidamente quale contenuto sia costruttivo (anche in senso critico) e quale invece rappresenti un generico commento non utile all’evoluzione della proposta, evoluzione che si immagina per definizione essere finalizzata ad una sempre crescente attendibilità, esaustività, comprensibilità e ipotetica efficacia e vicinanza rispetto allo stato dell’arte esistente sul tema considerato.
Se i software di E-democracy saranno o meno in grado di realizzare un modello di Deliberative opinion poll, perfezionato e scalabile per grandi volumi di partecipanti, superando di fatto il modello del professor James S. Fishkin della Stanford University, che lo teorizzò nel 1988), sarà una delle sfide più interessanti cui prendere parte nel prossimo futuro.
* Individuare un modello di e-democracy sostenibile: La E-democracy è sulla bocca di molti, tuttavia personalmente ritengo che il “solido della partecipazione” abbia una struttura piramidale costituita da un livello di partecipazione trasversale alla cultura, ma non all’impegno pratico (determinato in termini di tempo o denaro dedicato alla “causa”), con cui anzi trovo che esista una fortissima correlazione inversa (al crescere dell’impegno richiesto la base di utenti partecipanti si riduce). Partecipare costa fatica e per chi si dedica allo sviluppo di queste piattaforme trovare un modello economicamente sostenibile per continuare a coltivare il sogno di poter creare uno strumento utile al miglioramento della società, bilanciando garanzie per gli utenti e gratuità del servizio (fin dove ciò sarà possibile), è davvero la sfida più grande, perchè per un modello Wikipedia che riesce a sostenersi (seppur a fatica), mille altri falliscono miseramente e non sempre in seguito ad un equo processo di selezione naturale.
Tutto ciò restando ben consapevoli che nessun software, per ora e per molto tempo ancora, sarà in grado di sopperire ai limiti culturali ed evolutivi radicati nell’essere umano, rappresentando esso sempre uno strumento, aggregazione ragionata di zeri e uno, dna digitale, mezzo e non traguardo, una tavolozza di colori e pennelli con cui dipingere un mondo nuovo, più equo e sostenibile, una tavolozza quasi-senziente che richiama, e reclama, ad un uso di sè effettuato con la dovuta perizia e maestria e con la giusta dose di umiltà che consenta a ciascuno di noi di apprendere ciò che di buono hanno da insegnarci gli altri.

mercoledì 16 marzo 2016

VT: Virtual Team e Leadership


Le caratteristiche dei VT sono:
- la distribuzione geografica dei membri ;
- l'uso esteso delle tecnologie come principale mezzo di comunicazione e di collaborazione;
- l'eterogeneita organizzativa, disciplinare, culturale e linguistica dei membri.

Come per i team tradizionali anche per i VT il ruolo del leader è cruciale per la perfomance del gruppo ma i modelli tradizionali di leadership finora considerati mostrano tutti i loro limiti quando vengono mutuati nel contesto virtuale perché le teorie sulla leadership sono state studiate specificatamente per i team co-locati che si basano su interazioni FtF ( face to face ), mentre le dinamiche dei VT sono in parte diverse e non possono essere completamente spiegate dalle teorie tradizionali.

La scelta del team science è anche motivata dal fatto che vi è una emergente esigenza di ulteriori studi su come l'esperienza, l'infrastruttura tecnologica ed il comportamento organizzativo possano migliorare le performance dei team coinvolti in collaborazioni scientifiche.

Da un lato infatti, i due progetti di ricerca percepiti come più efficaci hanno ottenuto un allineamento alto: nel primo siamo in presenza di una leadership decentralizzata e il ruolo di integrazione della conoscenza e del comportamento è demandato alle tecnologie mentre nel secondo si ha una leadership centralizzata che svolge il ruolo di integrazione, senza aver bisogno di ricorrere a molte tecnologie.

Si arricchisce anche la conoscenza sulle dinamiche sociali dei team science: i processi sociali, come le risorse relazionali e il processo di leadership, e linfrastruttura tecnologica hanno implicazioni reciproche sulla produzione scientifica, la collaborazione e il successo del team.